Gli over 50 e lo smart working
Con l’avvento del conflitto in Ucraina, anche quella che per lavoratori e aziende era diventata una vera e propria battaglia di schieramenti pro o contro il green pass assume i contorni di una bega di quartiere e, con il rischio di una guerra totale e nucleare alle porte, anche i rischi conseguenti all’assunzione del vaccino o al contagio da Covid-19 diventano notizie da fondo pagina, ma i problemi per le aziende nella gestione dei soggetti over 50 colpiti dall’obbligo vaccinale rimane di difficile gestione.
L’obbligo di Green Pass per l’accesso ai luoghi di lavoro
A decorrere dal 15 ottobre 2021, è stato introdotto l’obbligo di possesso e di esibizione, al momento dell’accesso ai luoghi di lavoro, della Certificazione Verde, al fine dello svolgimento di attività di lavoro, formazione o volontariato. In conseguenza di tali disposizioni, il Green Pass può essere ottenuto per vaccinazione, guarigione dal Covid-19 da non più di 6 mesi o effettuazione di un test antigenico rapido (nelle ultime 48 ore) o molecolare (nelle ultime 72 ore) negativi. Per alcune categorie di lavoratori (quali gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario, i lavoratori impiegati in strutture residenziali, socioassistenziali e sociosanitarie, nonché il personale della scuola, del comparto difesa e sicurezza) è stato stabilito, inoltre, l’obbligo di vaccinazione anti Covid-19. L’intento del Governo di debellare il virus soprattutto dalle fasce più a rischio (senza dover stabilire un obbligo vaccinale su tutta la popolazione) si perfeziona successivamente con l’entrata in vigore del decreto legge 7 gennaio 2022 n. 1 che inserisce all’interno del D.L. 44/2021, l’articolo 4-quater che prevede con decorrenza 8 gennaio 2022 e fino al 15 giugno 2022, l’obbligo di vaccinazione a tutti coloro che compiano il cinquantesimo anno di età in data successiva al 8 gennaio 2022 e fino al 15 giugno 2022. Il medesimo decreto prevede altresì che, a partire dal 15 febbraio 2022, al fine di coordinare l’obbligo vaccinale con la disciplina in materia di Green Pass per l’accesso ai luoghi di lavoro, i lavoratori ultracinquantenni debbano possedere e siano tenuti a esibire un Green Pass cosiddetto “rafforzato” di vaccinazione o di guarigione, escludendo l’effettuazione di un test antigenico rapido o molecolare. Luoghi di lavoro, quindi, con situazioni differenziate a seconda dell’età anagrafica con la previsione del super green pass per gli over 50 e quello base (anche con tampone) per tutti gli altri.
Over 50 e Smart working
L’ampio utilizzo della modalità di lavoro agile nell’ambito dell’emergenza Covid-19, anche grazie alla vigente possibilità di attivarlo attraverso la procedura semplificata e senza necessità di accordo individuale tra datore di lavoro e lavoratore, pone la questione dell’applicazione della disciplina in materia di Green Pass, soprattutto con riferimento all’obbligo vaccinale per gli ultracinquantenni che svolgono l’attività esclusivamente in “Home working”. Chi si occupa di gestire il personale delle aziende si è trovato quindi di fronte al dilemma su come affrontare i numerosi casi di lavoratori che non intendono vaccinarsi nonostante l’obbligo e una delle poche soluzioni adottabili (forse l’unica per il personale impiegatizio) è stata ritenuta dalle aziende quella del ricorso al lavoro agile. Ci sono, infatti, lavoratori che gestiscono uno o più servizi aziendali in funzioni chiave, che risultano a volte insostituibili e per i quali le ragioni etiche (se così si possono etichettare) possono venire ritenute di secondo piano rispetto alla funzionalità dei servizi e funzionamento dell’azienda.
Negli ultimi tempi sull’argomento si sono, infatti, espressi giuslavoristi ed esperti, la cui opinione prevalente è per la contrarietà all’utilizzo dello Smart working quale strumento idoneo ad aggirare una norma, che, in realtà nulla dice espressamente sull’argomento.
Il riferimento è ancora ad una FAQ ministeriale della prima ora relativa all’introduzione dell’obbligo del 15 ottobre 2021, nella quale si intimava di non utilizzare lo smart working come strumento per eludere gli obblighi in materia di possesso del Green Pass. Più recentemente sull’argomento si è espresso favorevolmente all’obbligo anche il sottosegretario alla salute Andrea Costa.
Il filo logico
Posto che il mancato rispetto dell’obbligo vaccinale è sanzionato dall’Agenzia delle Entrate, in via autonoma, per quanto riguarda la prestazione lavorativa, l’obbligo di verifica da parte del datore di lavoro è disposto in virtù dell’accesso al luogo di lavoro al fine, chiaramente, di “evitare il contagio”. Sul piano normativo, l’articolo 18 del d.lgs. 81/2017 che definisce il lavoro agile come “La prestazione lavorativa [che] viene eseguita, in parte all’interno di locali aziendali e in parte all’esterno senza una postazione fissa,”. Definizione ribadita anche dall’Accordo interconfederale del 7 dicembre 2021. La normativa “emergenziale” in conseguenza della pandemia permette, invece, lo svolgimento dell’attività al di fuori dei locali aziendali proprio al fine di limitare al massimo il contagio. Fino alla durata dello stato di emergenza (31 marzo 2022), quindi, è legittimo lo svolgimento del lavoro agile presso la propria abitazione ovvero “all’esterno senza una postazione fissa” per la totalità dell’orario di lavoro. Nel ricordare che il green pass dovrebbe avere una funzione di politica sanitaria e quindi di limitazione del contagio all’interno dei locali aziendali, il dovere di possedere ed esibire il super green pass è funzionale all’accesso nei luoghi di lavoro e, allo stesso tempo, il datore di lavoro controlla il rispetto di tali doveri nei confronti dei dipendenti che prestano la propria attività entro i luoghi di lavoro. Il decreto-legge n. 44, sull’obbligo vaccinale e di super green pass per gli over 50, contiene una serie di rimandi al decreto-legge n. 52 sull’obbligo di green pass per tutti gli altri lavoratori, e quest’ultimo decreto dispone, a sua volta, una dettagliata disciplina dei controlli, che debbono avvenire al momento dell’entrata nella sede di lavoro, oppure a campione nei locali aziendali, mediante l’apposita app “VerificaC19”. Si tratta di controlli non espletabili se non nella sede lavorativa, sì che non potrebbe affermarsi che la verifica del green pass vada effettuata anche per il lavoratore a distanza, reputando “sede” di lavoro il luogo ove egli presti la propria attività. È vero che è consentita al datore di lavoro la conservazione del green pass del dipendente, e questa modalità potrebbe essere applicata anche al lavoro svolto fuori sede, ma si tratta di una modalità adottabile qualora sia il lavoratore a consentirla.
Ragioni sanitarie o politiche
Nel testo del decreto-legge n. 127/21 si afferma testualmente che i soggetti sprovvisti del certificato verde sono considerati assenti ingiustificati al fine di “tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro” e che la verifica del possesso va effettuata “al momento dell’accesso ai luoghi di lavoro”. Appare evidente, quindi, che sia dal punto di vista normativo che sanitario vi sono importanti limiti a sostegno della tesi pro-obbligo. In primis poiché il datore, tanto pubblico quanto privato, non può svolgere nei confronti del soggetto alcun controllo presso l’abitazione, in secondo luogo tale accanimento non avrebbe ragione d’essere come misura di salute e sicurezza. Va ricordato, ad ogni modo, che lo Smart Working emergenziale termina con il 31 marzo e che dal 1° aprile 2022 le modalità andranno definite in base al testo di legge e all’Accordo interconfederale del 7 dicembre 2021, con una regolamentazione che prevede il rientro settimanale sul luogo di lavoro.