Smart working, cosa cambia dal 1 settembre 2022?
LO SMART WORKING DIVENTA NORMALE
Con il 31 agosto cessa definitivamente anche lo Smart Working quale strumento di riduzione delle occasioni di contagio nelle aziende. Dal 1° settembre, si ritorna alla disciplina del lavoro agile prevista dalla legge 81/2017 anche se la pandemia ci lascia in eredità una nuova consapevolezza sull’utilità e fruibilità dello strumento.
Il cambiamento
A partire dal lockdown della primavera 2020 questo strumento si è evoluto fino a diventare, in alcuni casi, imprescindibile nelle attuali organizzazioni aziendali. L’articolo 18 comma 1 della legge 81/2017 lo istituisce con “lo scopo di incrementare la competitività e agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, promuovono il lavoro agile quale modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato stabilita mediante accordo tra le parti, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell’attività lavorativa. La prestazione lavorativa viene eseguita, in parte all’interno di locali aziendali e in parte all’esterno senza una postazione fissa, entro i soli limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale, derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva. “Durante la pandemia ed in particolare con il lockdown si è quindi utilizzata più che altro una forma di Telelavoro (dove la prestazione lavorativa era già prevista esternamente per la totalità dell’orario di lavoro), tant’è che il Ministero del lavoro definisce ora lo Smart Working: “lavoro intelligente” e cioè “una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato caratterizzato dall’assenza di vincoli orari o spaziali e un’organizzazione per fasi, cicli e obiettivi, stabilita mediante accordo tra dipendente e datore di lavoro; una modalità che aiuta il lavoratore a conciliare i tempi di vita e lavoro e, al contempo, favorire la crescita della sua produttività”. Una formula quindi più ampia che include anche una sua evoluzione e cioè il “Remote Working” particolarmente appetito dai lavoratori della conoscenza, i cosiddetti knowledge workers. Tutto ciò avrà delle implicazioni tecniche, amministrative e giuridiche sulla conciliazione di questi strumenti con gli istituti normativi basilari a cui siamo abituati (concetti ad esempio quali, trasferta/trasferimento) che – in mancanza di regole – lascia i player del mercato del lavoro alla libera interpretazione. Ciò che non sarà mai cambiato, nemmeno dalla pandemia, è però il fatto che il lavoro è un’attività sociale, e resta dunque rilevante l’importanza dell’incontro. Un anno fa il Ceo di Porsche consulting, Josef Nierling, affermava che “la sfida dei prossimi mesi sarà ricreare l’attrattività dell’ufficio. Le persone devono aver la voglia di lavorare con i colleghi, di rivederli, di sentire il gruppo di lavoro come una delle cose belle della loro vita.”
L’accordo individuale
Dal 1° settembre dello Smart Working emergenziale rimane solo la comunicazione semplificata al Ministero del Lavoro, ma ritorna l’obbligo dell’accordo individuale tra lavoratore e datore di lavoro, nel quale indicare termini e condizioni dello svolgimento in modalità agile della prestazione. Gli eventi mondiali che influenzano le nostre vite lo stanno facendo in maniera sempre più rapida e vorticosa per cui ciò che poteva essere uno strumento valido ieri, oggi potrebbe non esserlo più. E’ assolutamente vero che lo Smart Working è diventato un vero e proprio benefit ambìto soprattutto dai giovani che vogliono potersi organizzare in modo più flessibile i tempi di vita e lavoro. La crisi energetica che si sta facendo sentire e che, in mancanza di provvedimenti a livello europeo e governativo, potrebbe, però, portare ricadute di assoluto rilievo non solo per le imprese ma anche per le famiglie e far propendere molti lavoratori a rinunciare allo Smart Working al fine di ridurre i consumi delle utenze domestiche. Quindi non è più così scontato che questo strumento sia ancora tra le priorità dei lavoratori. L’accordo individuale dovrà, comunque, prevedere: la durata della modalità di lavoro agile (a termine o a tempo indeterminato) fissando anche le regole per l’eventuale recesso (va ricordato che si può recedere reciprocamente con un preavviso e così facendo il lavoratore ritorna al lavoro esclusivamente “in sito”); va stabilita una soglia di numero di giornate settimanali/mensili massime/minime di lavoro agile (eventuali giornate fisse; es. tutti i lunedì e martedì…); vanno indicati gli strumenti forniti dal datore di lavoro e quelli messi a disposizione dal lavoratore; è quanto mai necessaria, per questioni di sicurezza informatica, la messa a disposizione di una linea VPN aziendale ed una policy/Regolamento per l’utilizzo degli strumenti informatici adottando, altresì, tutte le misure necessarie ad evitare il “Data breach” che nel GDPR Privacy viene definito come “ogni violazione della sicurezza che comporta accidentalmente o in modo illecito la distruzione, la perdita, la modifica, la divulgazione non autorizzata o l’accesso ai dati personali trasmessi, conservati o comunque trattati”, che comporterebbe l’obbligo per l’azienda di autodenunciarsi al Garante delle privacy; è utile valutare, inoltre, la fornitura di attrezzature ergonomiche adatte alla prestazione lavorativa; vanno fissate le regole per garantire al lavoratore il diritto a disconnettersi dalla strumentazione informatica/digitale aziendale al termine dell’orario di lavoro, o durante il lavoro agile in determinati momenti della giornata, stabilendo quali; azienda e dipendente potranno inoltre stabilire dove il lavoro agile non deve essere svolto. La legge, infatti, prevede che lo smart worker possa svolgere la sua attività in parte all’interno di locali aziendali e in parte all’esterno senza una postazione fissa, entro i soli limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale, ma l’Accordo interconfederale del 7 dicembre 2021 ha concesso al datore di lavoro la facoltà di indicare i luoghi dove la prestazione non deve essere svolta (in modo da evitarne l’utilizzo in luoghi ritenuti inappropriati); è necessario verificare l’esistenza di una copertura assicurativa RCO pienamente efficace anche nei confronti dei lavoratori che si trovano in modalità agile.
La comunicazione semplificata
L’articolo 41-bis del Dl 73/2022, convertito dalla legge 122/2022, ha riscritto l’articolo 23 della legge 81/2017 per cui l’accordo individuale rimane imprescindibile, ma non deve più essere caricato sul portale del ministero del Lavoro, come prevedeva la norma del 2017. Già durante il periodo dell’emergenza pandemica l’obbligo di caricamento era stato sostituito da una semplice comunicazione (anche in forma massiva) dei nomi dei lavoratori collocati in smart working. Ora questa modalità semplificata diventa strutturale. La nuova modalità stabilita dal decreto del ministro del Lavoro 149 del 22 agosto prevede l’inserimento dei nomi dei dipendenti per i quali sono attivati gli accordi e che devono essere comunicati in via telematica al Ministero del Lavoro insieme alla data di inizio e di cessazione delle prestazioni in modalità agile. Quanto all’accordo individuale, il modello richiede semplicemente di indicare la tipologia (a termine o a tempo indeterminato), la data di sottoscrizione, quella di inizio della prestazione agile e quella di cessazione. Il decreto stabilisce anche l’obbligo per il datore di lavoro di conservare l’accordo individuale per cinque anni. Restano valide le comunicazioni effettuate secondo le modalità previste dalla disciplina previgente: le aziende che in periodo pandemico hanno fatto le comunicazioni secondo le disposizioni emergenziali non dovranno ripeterle (salve naturalmente le ipotesi di modifica o cessazione).
I lavoratori con precedenza
Sarà prorogato fino al 31 dicembre 2022 il diritto allo svolgimento del lavoro agile per i lavoratori fragili e i genitori di figli con meno di 14 anni, a condizione che la modalità di lavoro agile sia compatibile con le caratteristiche della prestazione e che in famiglia non ci sia un altro genitore beneficiario di ammortizzatori sociali, in caso di sospensione o cessazione dell’attività lavorativa, o che non ci sia un genitore non lavoratore. Possibili integrazioni o modifiche di questa norma (scaduta il 1° agosto) saranno note all’atto dell’approvazione dell’emendamento proposto dal Ministro Orlando in merito.
I termini per la comunicazione
In sede di prima applicazione la comunicazione al Ministero potrà essere assolta entro il 1° novembre 2022. A regime la comunicazione andrà effettuata entro 5 giorni dalla sottoscrizione dell’accordo individuale. Il ritardo nella comunicazione è sanzionato con la sanzione amministrativa da 100 a 500 euro per ogni lavoratore interessato