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LO STIPENDIO NON BASTA, ENTRA IN GIOCO IL CONCETTO DI TOTAL REWARD

Secondo i dati riportati dal Bollettino annuale del Sistema informativo Excelsior, realizzato da Unioncamere e Anpal, si conferma una tendenza del periodo post Covid in cui le aziende sono alla ricerca di talenti specializzati che fanno fatica a reperire sul mercato a causa di una generale carenza di competenze nei settori e nei comparti dove la domanda di manodopera è particolarmente elevata e sostenuta. Le strade per arrivare all’obiettivo sono sempre più diversificate e le proposte economiche non si basano più solo sul concetto di RAL (Retribuzione Annua Lorda) ma di PAL (Pacchetto Annuo Lordo). I primi a considerare questo nuovo concetto sono proprio le agenzie di ricerca del personale (cacciatori di teste) come base sulla quale calcolare la propria “Fee”. Agli occhi dei candidati, quindi, lo stipendio monetario deve essere sostituito da un’attenzione crescente verso il total reward, che comprende una serie di fattori in grado di influenzare la soddisfazione lavorativa, personale e la relazione tra datore di lavoro e dipendente. I collaboratori nel rivolgersi al mercato del lavoro chiedono di sentirsi parte di un progetto che non includa esclusivamente la parte lavorativa in cui investire le proprie energie, ma soluzioni che soddisfino esigenze di benessere vero e proprio, dove il lavoro diventa parte integrante della vita ma non la vita.

Total reward

Diventa, quindi, di fondamentale importanza per le aziende intercettare queste esigenze e considerare la retribuzione nell’ottica del total reward per soddisfare una molteplicità di bisogni che, se realizzati, saranno in grado anche di incidere sulla riduzione del costo del lavoro tradizionalmente inteso ma anche come diminuzione del turnover fonte anch’esso, sempre più, di costi diretti e indiretti. I nuovi piani retributivi, in ottica moderna, devono tenere conto quindi della “Compensation” che include i concetti più convenzionali di retribuzione, come lo stipendio fisso derivante dai CCNL, accordi aziendali e accordi individuali e retribuzione variabile incentivante; il Welfare inteso come Flexible benefits e i Fringe Benefit che rappresentano la componente “in natura” della retribuzione e includono servizi di vario tipo offerti dal datore di lavoro; piani di crescita e sviluppo professionale, con percorsi di carriera predeterminati e che influenzano significativamente l’engagement e il senso di appartenenza dei dipendenti; programmi di formazione e sviluppo, che consentano di costruire competenze e progredire all’interno dell’organizzazione; Ricerca di valori forti di cui l’azienda si faccia portavoce e protagonista;

I Fringe benefits

Nell’attrarre e mantenere i talenti nell’ottica del total reward, il welfare aziendale è certamente uno dei punti chiave. Normalmente si parla di welfare in senso lato, includendo in questa macrodefinizione sia i fringe benefit che i flexible benefit. I primi sono quelli che restano più ancorati al concetto classico di retribuzione (anche se in natura) e hanno le caratteristiche di poter essere concessi anche a singoli dipendenti (ad personam) senza vincoli di assegnazione a tutta la forza lavoro o a categorie omogenee; hanno un loro specifico limite di esenzione fiscale e contributiva fissato dal Tuir, art. 51, c. 3, ultimo periodo, che è normalmente di 258,23 euro complessivi nel periodo d’imposta ma che, con la Legge di Bilancio 2024 (legge n. 213/2023, art. 1, c. 16) è stato elevato temporaneamente, per l’anno 2024, questo limite a 1.000 euro per tutti i lavoratori in generale, e a 2.000 euro per i dipendenti con figli a carico. Il catalogo dei beni e servizi rientranti nel concetto di fringe benefit è ampio e variegato e ricomprende sia l’automezzo dato in uso promiscuo che l’alloggio fornito in uso al dipendente, smartphone, tablet, buoni spesa (gift card), concessione di prestiti, ma con l’ampliamento della franchigia rientrano buoni carburante, ma rientrano nel suddetto limite di esenzione anche le somme erogate o rimborsate ai lavoratori dai datori di lavoro per il pagamento delle utenze domestiche del servizio idrico integrato, dell’energia elettrica e del gas naturale; le somme erogate o rimborsate per il pagamento delle spese per l’affitto della prima casa; le somme erogate o rimborsate per gli interessi sul mutuo relativo alla prima casa.

Flexible benefits

È uno strumento di welfare aziendale, costituito da insieme di servizi/opere, tra i quali i collaboratori possono scegliere quelli che preferiscono, nei limiti di un budget di spesa che annualmente viene loro assegnato dall’azienda. Tutte le agevolazioni fiscali previste dal secondo comma dell’art. 51 del Tuir sono subordinate alla realizzazione di un accordo sindacale aziendale, ovvero un Regolamento aziendale che preveda un piano welfare rivolto a tutti i lavoratori o a categorie omogenee di essi. Alcuni CCNL hanno previsto l’istituzione del Welfare aziendale a cominciare da quello dell’industria metalmeccanica, ma quelli più attenti a queste nuove esigenze sono sicuramente quelli sottoscritti da ANPIT e CONFSAL. Così diventano parte della retribuzione servizi quali: corsi di lingua, polizze LTC, assistenza medico-sanitaria, rimborso spese scolastiche o rette per asili nido, borse di studio per i figli, abbonamenti teatrali o per il cinema, viaggi e vacanze, abbonamenti per il trasporto, ecc.

Il benessere diventa d’obbligo

In tempi in cui le risorse umane possono fare la differenza all’interno di un’organizzazione e la cui reperibilità sul mercato è sempre più scarsa, la classica domanda in sede di colloquio sulla tolleranza allo stress del candidato è oramai bandita da tempo e, con ben sei distinte ordinanze emesse tra il gennaio e il febbraio 2024 la Suprema Corte ha posto l’accento sull’onere dei datori di lavoro di adottare appositi sistemi di monitoraggio circa l’esistenza di un effettivo ambiente di lavoro salubre e non stressogeno, adottando misure e strumenti che consentano al personale di segnalare eventuali situazioni critiche. Gli ermellini hanno così stabilito che, senza per forza di cose dover verificare vere e proprie situazioni di mobbing o straining, il giudice è tenuto comunque ad accertare se il lavoratore si è trovato ad operare in un ambiente di lavoro caratterizzato da situazioni lavorative stressogene e/o conflittuali; se ha subito danni e, se il datore di lavoro ha – così come imposto dall’art. 2087 Cod. Civ. – adottato tutte le misure necessarie per prevenire o, comunque, contrastare il realizzarsi di detto ambiente lavorativo “nocivo”.

In conclusione Nel frullatore in cui i moderni uffici HR devono operare, anche i concetti di total reward e di welfare sono già insufficienti in mancanza di una visione ancora più ampia ed attualmente le aziende ricorrono sempre di più ad altre figure emergenti nel panorama aziendale quali, ad esempio, il Sustenibility manager. Coloro che si approcciano a cambiare posto di lavoro lo fanno anche verso aziende che pongono attenzione ai temi della diversità e dell’inclusione (D&I), nonché su quelli Environment, Social e Governance (ESG) dove è essenziale considerare anche il lato sociale, che comprende il benessere e la gestione delle risorse umane. I lavoratori cercano, inoltre, sempre di più aziende cosiddette sostenibili ed etiche, impegnate verso la comunità locale, la società in generale e l’ambiente. Così diventa strategica l’adozione di politiche di produzione sostenibile; sostegno a iniziative di beneficenza e volontariato; la promozione di un ambiente di lavoro inclusivo e rispettoso dei diritti umani. Se tutto ciò non entrerà progressivamente nei piani delle aziende ci penserà la normativa europea che impone la pubblicazione del bilancio di sostenibilità nel 2026 sui dati relativi al 2025, per le aziende con un numero di addetti medi annui di 250; 40 milioni di euro di fatturato netto; – 20 milioni di euro di totale attivo.